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Condizioni per
esplicare il diritto alla difesa (principio sancito dalla Corte Costituzionale) |
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S’informa che la sentenza della Corte Costituzionale ha sancito le condizioni per esplicare il diritto alla difesa e per aver diritto al compenso per la prestazione professionale svolta, in quanto la difesa in giudizio coinvolge interessi generali e pubblici e quindi deve essere esercitata nell’interesse generale per essere considerato un servizio di pubblica necessità come è stato qualificato dall’art.359, 1°comma del cp. ed esercizio di funzione pubblica come sancito dalla Corte Costituzionale. La Corte Costituzionale
nella sentenza n. 46 dell’8 marzo 1957, ritenne che il diritto di difesa
deve essere inteso come potestà effettiva dell’assistenza tecnica e
professionale in qualsiasi processo e al compito del difensore diede una
importanza essenziale nel dinamismo della funzione giurisdizionale, tanto
da opinare che esso può considerarsi esercizio di funzione pubblica:
“Per
cogliere il significato e la portata del diritto della difesa, con tanta
energia proclamato dalla Costituzione come inviolabile in ogni stato e
grado del procedimento, è necessario porre in relazione il diritto stesso
con il riconoscimento del diritto, per ogni cittadino enunciato nella
prima parte del medesimo art. 24, di poter agire in giudizio per la tutela
dei propri diritti e interessi legittimi. Inoltre la sentenza dimostra la mancanza del potere effettivo di controllo sugli operatori del servizio giustizia, cioè la mancanza della potestà effettiva di esplicare il potere giurisdizionale per rivolgersi in sede civile e penale a far deferire le ragioni del cittadino leso nei propri diritti da atti compiuti in altri procedimenti. Ne è causa l’impossibilità di svolgere processi formando contraddittori con gli atti che appartengono alla potestà di giudizio di altri organi giudicanti, cioè ripetere lo svolgersi dello stesso processo ed ottenere più giudizi inerenti al medesimo procedimento in contrasto tra loro. Tutto ciò impedisce l’applicazione della legge civile e penale ad avvocati, magistrati, notai, consulenti, Ordini professionali…ecc., in conseguenza del fatto che non rientra nei poteri del giudice il riesame di decisioni pronunciate in altri procedimenti, impedendo al cittadino di sporgere querela e di agire in giudizio per la risarcibilità dei danni cagionati dal servizio giustizia. Motivo per cui le persone lese dal servizio giustizia hanno realizzato un sito che permette di comunicare e cooperare nel diffondere i rischi che comporta rivolgersi ad un servizio privo di tutela giurisdizionale. Si tratta d’indagare e diffondere l’uso di mezzi come gli organi giudiziari per conseguire fini non conformi a giustizia. Tutto ciò va desunto dal fine cui sono diretti gli atti, anche se esteriormente rivestono la forma di atti giuridicamente legali. In sintesi avvocati, consulenti, notai, magistrati…ecc. possono usare gli strumenti giuridici messi a loro disposizione per fini diversi rispetto a quelli per cui devono essere predisposti, in quanto il mezzo a loro disposizione configura situazioni in cui hanno concretamente la capacità di determinare e conseguire altri fini non conformi a giustizia. |
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