Ricorsi in Europa usati dal professionista per estinguere l'obbligazione giuridica 

S’informa le vittime del servizio giustizia che i ricorsi promossi in Europa sono usati dai professionisti come mezzo per liberarsi dall’obbligazione giuridica e per esonerarsi dalle responsabilità e dagli obblighi spettanti alla situazione giuridica passiva, nell'incolpare terzi (magistrati) di aver causato ed impedito il compiersi o l’attuazione della prestazione non imputabile al professionista.

Infatti la Commissione Europea non può entrare nel merito degli atti che appartengono ad altre giurisdizioni e quindi non può riformare il giudicato formatosi nell’Ordinamento giuridico interno dei singoli paesi, ma può soltanto pronunciarsi sulla lentezza della giustizia italiana e sulla violazione dei diritti.

Ne deriva come conseguenza che è il giudice a subire la condanna e quindi lo Stato, mentre la ragione di tale lentezza e della violazione dei diritti dipende dall’azione promossa e svolta in Italia dal difensore, in dipendenza del fatto che il giudice si deve pronunciare sulla domanda posta dall’avvocato e non oltre i limiti di essa.

Infatti nel rapporto giuridico di obbligazione spetta al professionista risarcire i danni al cliente per aver leso e pregiudicato i diritti e gl’interessi tutelati dall’ordinamento giuridico.

Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa

Da non confondere con il Parlamento Europeo, che pure ha sede a Strasburgo e che è una istituzione delle Comunità Europee (Comunità Europea del carbone e dell’acciaio – CECA, Comunità Economica Europea – CEE, Comunità Europea dell’Energia Atomica – CEEA).

L’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa è formata dai rappresentanti dei parlamentari nazionali, discute dei problemi internazionali d’attualità e gioca un ruolo propulsivo all’interno del Consiglio d’Europa.

Ratione temporis, è la prima istituzione democratica internazionale, nel senso che è formata da rappresentanti eletti dal popolo, invece che dai governi degli Stati.

L’Assemblea Parlamentare elegge i giudici della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, uno per ogni Stato, sulla base di una terna proposta dagli Stati, di cui devono far parte almeno due della nazionalità dello Stato proponente.

Carta Sociale Europea

Fu firmata a Torino il 18 ottobre 1961 tra alcuni paesi aderenti al Consiglio d’Europa, ed è stata ratificata in Italia con la legge 3/7/1965 n.929.

Nel campo dei diritti sociali questa Carta Sociale Europea costituisce uno strumento di protezione parallelo alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, ma tale strumento è imperfetto e monco in quanto la Carta Sociale Europea non è dotata dello stesso apparato di tutela e sanzionatorio.

Infatti questi diritti sociali, pur riconosciuti dagli Stati, ed in massima parte già introdotti negli ordinamenti nazionali, in caso di loro violazione, non possono ad istanza della vittima essere sottoposti all’esame della Commissione e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Infatti il sistema di controllo internazionale della Carta Sociale Europea non ha carattere giurisdizionale ed è affidato ad un Comitato di esperti, ad un Sotto-Comitato sociale governativo del Consiglio d’Europa, all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa perché rivolgano raccomandazioni agli Stati.

Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa

E’ l’organo decisionale del Consiglio d’Europa, è formato dai Ministri degli Affari Esteri dei 27 paesi aderenti o da loro delegati, i quali sono accreditati come rappresentanti permanenti presso il Consiglio d’Europa.

Il Comitato dei Ministri può decidere circa la sussistenza delle violazioni alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, commesse dagli Stati, ed a seguito del rapporto della Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo, allorquando del “caso” non sia stata investita la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Parimenti ed in alternativa alla Corte, il Comitato dei Ministri può ingiungere allo Stato che ha commesso la violazione di prendere misure atte a ripararla anche mediante pagamento di una somma a carico dello Stato ed a beneficio della vittima.

Il Comitato dei Ministri vigila sull’esatto adempimento ed esecuzione da parte degli Stati delle sentenze emesse dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo

Essa ha sede a Strasburgo al seguente indirizzo:

Commission Europeenne des Droits de l’Homme – Boite Postale 431 R6 – Conseil de l’Europe – 67006 Strasbourg – Cedex Francia, telefono 003388 41 2018, telefax 003388 41 2792.

E’ un organo previsto dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo per assicurare il rispetto da parte degli Stati degli impegni risultanti dalla medesima Convenzione.

La Commissione si compone di un numero di membri uguale a quello degli Stati firmatari della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e non può comprendere più di un cittadino dello stesso Stato.

I membri della Commissione sono eletti dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa su una lista di nomi presentata dagli Stati all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa.

Ogni Stato presenta tre candidati, dei quali due devono avere la sua nazionalità.

I membri della Commissione durano in carica sei anni, sono completamente indipendenti e non rappresentano lo Stato che li ha designati.

La Commissione lavora a porte chiuse e i suoi fascicoli sono confidenziali. Indaga sulla fondatezza delle denunce (circa la violazione dei diritti garantiti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) che le vengano sottoposte, sulla base di un ricorso della presunta vittima e, dopo aver compiuto un’istruttoria, sottopone il caso al Comitato dei Ministri oppure adisce essa stessa la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo perché questi organi si pronuncino in merito.

La procedura davanti alla Commissione può essere attivata, con un semplice ricorso da colui che pretenda di essere vittima di una violazione compiuta da uno Stato.

Consiglio d’Europa

Esso ha sede a Strasburgo al seguente indirizzo:

Conseil de L’Europe – Boite Postale 431 R6 – Conseil de L’Europe – 67006 Strasbourg – Cedex Francia, telefono 003388 41 2000, telefax 003388 373250.

Fondato nel 1949, il Consiglio d’Europa è un organismo intergovernativo politico che raggruppa attualmente 27 paesi democratici d’Europa.

Il Consiglio d’Europa non deve confondersi con le Comunità Europee.  

Il Consiglio d’Europa opera a favore dell’unità europea attraverso la salvaguardia ed il rafforzamento della democrazia e dei diritti dell’Uomo.

Organi del Consiglio d’Europa sono: Comitato dei Ministri – Assemblea Parlamentare – Segretariato Generale - Segretario Generale.

Il Consiglio d’Europa sostiene tutte le spese per il funzionamento della Commissione e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. 

Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

(Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali)

Firmata a Roma il 4/11/1950, ratificata dall’Italia con legge 4/8/55 n.848. Sino ad oggi è stata ratificata da 27 paesi aderenti al Consiglio d’Europa.

Con questa legge anche l’Italia si è obbligata al rispetto dei diritti garantiti dalla Convenzione nell’ambito del proprio ordinamento giuridico nazionale ed a favore di qualunque persona, senza distinzioni di alcuna specie, come di sesso, di razza, di colore, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di appartenenza a una minoranza nazionale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.

Tra i più importanti diritti garantiti dalla Convenzione: il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza personale, ad un’equa amministrazione della giustizia (davanti ad un giudice indipendente ed imparziale ed entro un termine ragionevole), al rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza, alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, alla libertà di espressione e di opinione, alla libertà di riunione e di associazione, compreso il diritto di creare sindacati e di aderirvi, il diritto al rispetto dei propri beni, all’istruzione, alla libertà di circolazione e di scegliere la propria residenza, di lasciare qualsiasi paese, compreso il proprio.

Tra i più importanti divieti a carico degli Stati: la tortura e le pene o trattamenti inumani o degradanti, la schiavitù, la servitù e il lavoro forzato, la retroattività delle leggi penali, le discriminazioni nel godimento dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione, l’espulsione da parte di uno Stato dei propri cittadini, l’espulsione collettiva di stranieri.

Alla Convenzione si sono aggiunti nel tempo vari Protocolli, nove per l’esattezza, riguardanti ulteriori diritti per consentire, facoltativamente, agli Stati una progressiva estensione del campo di tutela dei diritti fondamentali.

La Convenzione deve essere applicata negli ordinamenti interni degli Stati dai rispettivi giudici nazionali i quali sono i primi destinatari e tutori dell’applicazione di tali norme della Convenzione; essa, pertanto, può essere invocata anche e soprattutto davanti ai giudici italiani.

In difetto la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con sede a Strasburgo, oppure in alternativa il Comitato dei Ministri, previo ricorso dell’interessato alla Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo, possono accertare ed eventualmente sanzionare l’avvenuta violazione, ma non possono riformare il giudicato formatosi nell’ordinamento giuridico interno dei singoli paesi.

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo

Essa ha sede a Strasburgo al seguente indirizzo:

Cour Europeenne des Droits de l’Homme – Boite Postale 431 R6 – Conseil de l’Europe – 67006 Strasbourg – Cedex Francia, telefono 003388 41 2000, telefax 003388 412791.

Da non confondere con la Corte di Giustizia delle Comunità Europee che ha sede a Lussemburgo e che costituisce l’organo giurisdizionale delle Comunità Europee (Comunità Europea del carbone e dell’acciaio – CECA, Comunità Economica Europea – CEE, Comunità Europea dell’Energia Atomica – CEEA) cui fanno parte solo dodici dei ventisette paesi oggi aderenti al Consiglio d’Europa.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo rappresenta il primo strumento veramente innovatore e rivoluzionario dei tradizionali sistemi nazionali che in passato non avevano mai consentito alcuna ingerenza o limitazione della sovranità nazionale.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo inizia la sua attività nel 1959, essa ha sede a Strasburgo ed è composta da tanti giudici quanti sono i paesi aderenti al Consiglio d’Europa.

I giudici della Corte sono eletti dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, in base ad una terna di nomi proposti dai singoli Stati e durano in carica per nove anni, sono completamente indipendenti e non rappresentano lo Stato che li ha designati.

La Corte non può comprendere più di un cittadino dello stesso Stato.

La Corte è competente per prendere una decisione giurisdizionale a carattere obbligatorio per gli Stati, anche imponendo loro il pagamento di una somma di denaro a favore di una persona o gruppo di persone, dopo aver accertato la sussistenza di una violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, commessa ad opera di uno Stato ed in danno delle vittime, non più altrimenti emendabile sulla base del diritto nazionale.

Il caso è sottoposto all’esame della Corte ad iniziativa della Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo oppure ad iniziativa di uno degli Stati.

Prima del dibattimento orale la Commissione, lo Stato (o gli Stati) ed il ricorrente, possono indirizzare alla Corte delle memorie scritte, altrimenti il contraddittorio si svolge di regola in unica udienza, dove il rappresentante della Commissione svolge le funzioni accusatorie nei confronti dello Stato inquisito ed il ricorrente assume la veste di parte lesa.

All’esito del dibattimento la Corte si riunisce in camera di consiglio per una prima disamina e dopo qualche mese convoca nuovamente le parti per dare lettura della sentenza che è definitiva ed inappellabile e gli Stati si sono obbligati a darne spontanea esecuzione.

Nei confronti dello Stato soccombente, non è prevista alcuna forma di esecuzione coattiva ad istanza della vittima.

Ma il Comitato dei Ministri vigila sull’esecuzione spontanea della sentenza da parte dello Stato medesimo.

La giurisprudenza della Corte assume un ruolo determinante nella effettiva tutela dei diritti, in quanto interpretativa ed anche estensiva delle norme della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo.

La Corte delibera a maggioranza, ma i giudici dissenzienti possono allegare alla motivazione della sentenza la loro opinione che, contribuisce alla risoluzione di analoghe controversie nel futuro.

Formulario di ricorso alla Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo

E’ un modulo prestampato in bianco, che la Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo invia al ricorrente dopo che questi abbia inviato una semplice lettera alla stessa Commissione per denunciare la violazione della Convenzione compiuta da uno Stato.

Questo formulario, predisposto dalla Commissione, e corredato di tutte le istruzioni per la compilazione, semplifica ed orienta la formulazione in fatto ed in diritto del ricorso alla Commissione.

Se tale formulario non viene compilato entro il termine fissato dalla stessa Commissione (di regola sei settimane, ma non perentoriamente) può significare l’abbandono della procedura da parte del ricorrente.

Questo formulario va spedito per posta al seguente indirizzo:

Commission Europeenne des Droits de l’Homme – Boite Postale 431 R6 – Conseil de l’Europe – 67006 Strasbourg – Cedex Francia, telefono 003388 41 2018, telefax 003388 412791.

Lingua

Le lingue ufficiali della procedura davanti alla Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo e davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sono il francese e l’inglese, ma il ricorrente può essere autorizzato a far uso della propria lingua nazionale, sia negli scritti difensivi, che nel dibattimento orale, provvedendo senza alcun onere per il ricorrente le cancellerie a garantire le traduzioni anche simultanee.

Una particolarità: in sede dibattimentale l’avvocato del ricorrente deve essere in grado di comprendere almeno una delle due lingue ufficiali, in quanto usate dai giudici o dalle controparti (Commissione e Stato).

L’unica vera difficoltà per l’avvocato che debba patrocinare una causa all’udienza dibattimentale davanti alla Corte, consiste nel saper parlare la propria lingua, lentamente e con termini semplici, chiari e senza far uso del cosiddetto “legalese,” in quanto ciò metterebbe in difficoltà gli interpreti della traduzione simultanea dell’arringa.

Gli interpreti, infatti, pur essendo molto capaci rischierebbero di non far comprendere alcunché ai giudici ed alle controparti che per la maggior parte non conoscono la lingua italiana.

Ricorso individuale alla Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo

L’Italia pur avendo ratificato la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo sin dall’agosto 1955, e come tale averla inserita tra le proprie leggi nazionali però ha accettato il controllo giurisdizionale della Commissione e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sul proprio operato nei confronti dei “sudditi,” solo a decorrere dal 1 agosto 1973.

L’Italia, solo a partire da tale data, ha quindi riconosciuto la facoltà del ricorso individuale alla Commissione, e solo per le violazioni alla Convenzione eventualmente compiute dopo il 1° agosto 1973. 

Ogni persona o ogni organizzazione non governativa o gruppo di privati possono inviare per posta, una semplice lettera (scritta con qualsiasi lingua) che di per sé costituisce già un ricorso alla Commissione denunciando la violazione (da parte di uno Stato che ha ratificato la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) di uno dei diritti garantiti dalla stessa Convenzione.

Il ricorrente che si pretenda vittima di tale violazione, diventa controparte dello Stato, davanti alla Commissione.

Il ricorrente deve dimostrare di aver esaurito tutte le vie di ricorso nazionale a sua disposizione secondo il diritto interno e deve a pena di decadenza presentare la lettera ricorso entro a non oltre sei mesi dalla data della decisione interna definitiva.

La Commissione instaura il contraddittorio tra il ricorrente e lo Stato, trasmettendo essa stessa alle rispettive controparti le memorie scritte difensive ricevute.

La Commissione, dopo aver compiuto una istruttoria d’ufficio, richiedendo alle parti ulteriori informazioni e documentazione, emette dapprima una dichiarazione di ricevibilità e in caso positivo, redige un rapporto contenente il suo parere circa la sussistenza o meno della violazione denunciata dal ricorrente a carico dello Stato.

La Commissione trasmette il suo rapporto al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. Entro i tre mesi successivi la stessa Commissione, oppure uno qualunque degli Stati, possono adire la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo. Tale facoltà non è concessa al ricorrente. La Commissione partecipa al processo davanti alla Corte.

Se la Commissione ritiene il ricorso irricevibile o infondato, la sua decisione è definitiva ed inappellabile per il ricorrente.

Se la Commissione ritiene sussistente la violazione, questo parere può essere disatteso nel prosieguo della procedura, o dalla Corte, oppure dal Comitato dei Ministri.

L’indirizzo a cui spedire per posta il ricorso è il seguente:

Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo, presso il Consiglio d’Europa, Boite Postale 431 R6, 67006 Strasbourg – Cedex Francia.

Segretario Generale del Consiglio d’Europa

Assicura il funzionamento del segretariato della Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo, in merito alle funzioni giurisdizionali di quest’ultima.

Il Segretario Generale del Consiglio d’Europa convoca la Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo quando le circostanze lo esigono.

Il Segretario Generale del Consiglio d’Europa sollecita gli Stati a fornire spiegazioni sul modo in cui il loro diritto interno assicura la effettiva applicazione di tutte le disposizioni della Convenzione.

Accesso alla Giustizia Europea da parte del cittadino

Il Trattato CEE e le altre disposizioni comunitarie (regolamenti, decisioni, direttive) impongono un insieme di obblighi per gli Stati membri, che interessano molteplici aspetti della vita dei cittadini comunitari.

I giudici nazionali, come tutte le Autorità pubbliche, devono assicurare il rispetto delle norme comunitarie che hanno efficacia diretta, ed applicarle anche se esistono disposizioni nazionali con esse contrastanti. Il diritto comunitario prevale infatti sui diritti nazionali dei singoli Stati membri.

Il diritto di ricorso diretto davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee è essenzialmente riservato agli Stati membri ed alle Istituzioni comunitarie.

Ma il cittadino gode di un insieme di strumenti di tutela giurisdizionale per agire a livello comunitario, e perseguire così il riconoscimento dei propri diritti da parte degli Stati membri.

Il rinvio pregiudiziale

In virtù del principio della diretta efficacia del diritto comunitario davanti alle giurisdizioni nazionali, il mezzo migliore per esigere il rispetto delle norme comunitarie è quello di adire preliminarmente la giurisdizione nazionale competente.Per assicurare l’uniformità di applicazione e di interpretazione del diritto comunitario in tutti gli Stati membri, l’art.177CEE consente alle giurisdizioni nazionali, anche su istanza del cittadino, di sottoporre alla Corte  di Giustizia delle Comunità Europee con sede in Lussemburgo le questioni pregiudiziali necessarie alla definizione del giudizio e relative alla validità ed all’interpretazione del diritto comunitario. 

La Corte si pronuncia a seguito del rinvio pregiudiziale in circa un anno e mezzo, a cui andrà aggiunto il tempo necessario per l’avvio e la definizione della causa pendente davanti alla giurisdizione nazionale.

Il reclamo alla Commissione

Nella sua qualità di “guardiano dei trattati” la Commissione verifica che le disposizioni comunitarie siano correttamente osservate negli Stati membri.

Il cittadino che ritiene di essere vittima di una violazione del diritto comunitario da parte di una autorità di uno Stato membro può presentare direttamente un reclamo alla Commissione con sede in Bruxelles a mezzo di un apposito formulario.

Se la Commissione ritiene fondato il reclamo, può avviare in base all’art.169 CEE una procedura d’infrazione contro lo Stato membro responsabile.

L’intera procedura ha un tempo assai variabile; se lo Stato membro non si conforma alle richieste della Commissione entro il termine assegnato, il procedimento può concludersi con una condanna davanti alla Corte.

La condanna contro lo Stato membro tuttavia non ha efficacia esecutiva: sulla base della condanna il cittadino potrà adire la giurisdizione nazionale competente per il risarcimento del danno.

Questo principio, sancito nella importante pronuncia Francovich del 19/11/1991 della Corte di Giustizia, si applica quando ricorrono le seguenti condizioni:

- il risultato prescritto dalla norma comunitaria implichi una attribuzione di diritti ai singoli;

- il contenuto di tali diritti possa essere individuato sulla base della norma comunitaria;

- esiste un nesso di causalità tra la violazione dell’obbligo a carico dello Stato ed il danno subito dai soggetti lesi.

La petizione al Parlamento Europeo

I cittadini possono proporre petizioni al Parlamento Europeo e lamentare la mancata osservanza del diritto comunitario.

Il Parlamento Europeo può prendere una posizione politica sulla questione, ed anche informare la Commissione invitandola ad aprire la procedura d’infrazione prevista dall’art.169 CEE. Per formulare la petizione non occorrono particolari forme o procedure.

Il ricorso alla Commissione Europea per i Diritti dell’Uomo

Si tratta di una procedura di competenza del Consiglio d’Europa, un organismo internazionale diverso dalla Comunità Europea.

Le persone vittime di una lesione ai loro diritti fondamentali riconosciuti dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, dopo aver agito dinanzi alle giurisdizioni nazionali competenti, possono presentare ricorso non oltre il termine di sei mesi dalla data della pronuncia definitiva.

La Commissione Europea per i diritti dell’Uomo con sede in Strasburgo decide sulla ricevibilità di ogni ricorso e procede a negoziazioni per addivenire ad un accordo tra il ricorrente e lo Stato firmatario della Convenzione. 

Se l’accordo non viene raggiunto, la Commissione indirizza un rapporto ufficiale al Comitato dei Ministri che può, entro un termine di tre mesi, trasmettere la causa alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo.

Con il ricorso il cittadino può anche chiedere alla Corte la condanna dello Stato al risarcimento dei danni subiti.

Indirizzi utili

I reclami alla Commissione delle Comunità Europee possono essere presentati a mezzo dell’apposito formulario al Segretario Generale - CEE, Rue de la Loi 200, 1049 Bruxelles – B, o agli uffici di rappresentanza della Commissione negli Stati membri.

Le petizioni al Parlamento Europeo, e le richieste di informazione relative, possono essere presentate al Presidente del Parlamento Europeo, Commissione delle Petizioni, 2929 Lussemburgo – L, o agli uffici del Parlamento Europeo negli Stati membri.

I ricorsi contro la violazione della Convenzione per la Salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle Libertà Fondamentali, e le richieste di informazione relative, possono essere presentate al Segretario della Commissione Europea per i Diritti dell’Uomo, Consiglio d’Europa, BP 432 R6, 67006 Strasburgo – F.